Stanley Kubrick Fotografo.
Stanley Kubrick nasce a New York, nel disagiato quartiere del Bronx, il 26 luglio 1928 da genitori di origine austriaca. Il rapporto con il cinema inizia nel 1941 quando, tredicenne, riceve in regalo dal padre una macchina fotografica. Stanley, stimolato ed affascinato da quel regalo, comincia a scattare fotografie, imparando da autodidatta come svilupparle. Fra i suoi molteplici scatti, ve n’è uno che ritiene particolarmente riuscito: l’immagine mostra un edicolante dietro una risma di giornali che annunciano la morte del presidente Roosevelt. Decide allora di portare la foto alla rivista Look, una delle più importanti riviste fotografiche dell’epoca, che sceglie di pubblicarla. Poco tempo dopo viene assunto da Look come fotografo ufficiale. Dal 1945 al 1950, Kubrick è stato un giovanissimo fotoreporter con uno sguardo già incredibilmente sensibile verso l’uomo e le sue molteplici storie: che si trattasse di giovani amanti nella metropolitana, di vite borghesi nella quotidianità dei loro appartamenti, di donne catturate nella loro semplice bellezza, sempre di essere umano si parla.
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Nel suo lavoro da fotografo, prima di approdare nel mondo del cinema, sia New York sia le infinite strade che la percorrono, hanno giocato un ruolo fondamentale per catturare l’ispirazione giusta. Kubrick veniva dal Bronx e quella città, che dopo la seconda Guerra Mondiale era al vertice della visibilità, era la tela bianca sulla quale lui congelava e dipingeva immagini di vita quotidiana. I suoi occhi curiosi spaziavano da angoli di città più eleganti e nobili, a quartieri popolari, malmessi e difficili. Questa stessa curiosità, lo porterà a sperimentare dietro la macchina da presa e a mettersi in gioco in più generi cinematografici, dalla fantascienza alla satira politica, dai film di guerra a quelli storici, mantenendo la figura umana sempre al centro: cambiano le scenografie, le strade, le storie dei suoi film, resta fisso l’uomo. Tra gli occhi di Kubrick e la realtà c’era sempre un filtro, una lente attraverso cui guardare il mondo, ovvero l’obiettivo della macchina fotografica prima, e della cinepresa poi. Non conta guardare le sue foto e cercare somiglianze o comparazioni col lavoro di grandi fotografi come Henri Cartier-Bresson, André Kertész, oppure come Diane Arbus, fotografa rivoluzionaria e sua grande amica. Possiamo notare invece come la fotografia gli abbia permesso di identificare i riferimenti tecnici ed estetici di quello che sarebbe stato il suo cinema: è stato grazie alla macchina fotografica che Kubrick ha imparato a diventare un abile scrutatore ed acuto osservatore dei legami e delle connessioni tra esseri umani. Una volta messe in sequenza dinamica, ovvero attraverso il montaggio cinematografico, le sue immagini sarebbero state in grado di creare e dare emozioni attraverso la costruzione creativa di storie.
Verso la fine del suo lavoro presso Look, Kubrick ha scattato fotografie a famosi pugili come Rocky Graziano e Walter Cartier. Proprio quest’ultimo sarà il protagonista del suo primo lungometraggio Day of the Fight, un documentario del 1951 di tredici minuti circa. Le foto realizzate per la rivista sono servite da storyboard, ovvero una sottospecie di mappa riassuntiva di tutti quegli elementi necessari per la costruzione di scene ed inquadrature. Kubrick infatti, dopo questo step, elaborò scene, scelse gli angoli di ripresa, tutte le inquadrature e l’illuminazione adatta per riuscire a creare un’atmosfera vincente. Un metodo di lavoro, quello di utilizzare gli scatti fotografici come bozzetti per i film, che Kubrick manterrà per tutta la sua carriera cinematografica. Il regista ricordando quegli anni dirà:
«Look è stato il mio college, i colleghi fotografi e New York erano i miei compagni di classe».
Stanley Kubrick Fotografo.
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