Caro Aurelià, certe fiamme possono solamente divampare velocemente, con forza e prepotenza, regalando al mondo tutta la loro energia, per poi spegnersi con altrettanta velocità. Capita che certe vite vengano vissute nello stesso modo: non tanto perché manchino le alternative, quanto perché è l’unica declinazione in cui l’essere vivi coincide con il sentirsi vivi.
Il problema è che poi si fa fatica ad abituarsi al gelo della normalità una volta che le fiamme si sono estinte.
Del grande incendio che è stata la tua vita – la nostra vita – non è rimasto che cenere e solitudine. Tutto il calore che fino a poco fa sentivo sulla mia pelle è svanito nel nulla, disperso nell’indifferenza dell’universo.
Adesso sono rimasti solo i ricordi a scaldarmi un po’ dal freddo che si annida dentro di me. Se fossi un poeta, ti direi che scivolare fra le reminiscenze è pericoloso tanto quanto scivolare sul ghiaccio che, ormai, ricopre il mio cuore: ci si può far molto male se non si sa come cadere.
Ma io so’ ‘no zingaro demmerda, lo sai, e pure frocio; le poesie, allora, lasciamole agli altri.
Manco m’importa, infatti, se cadrò fra quei ricordi, perché l’alternativa è abituarsi a ‘sto clima rigido, e io non ho il sangue adatto. Se non altro atterrerò sopra illusioni vestite da vivide immagini, che è sempre meglio di morire lentamente, assiderati da una verità sotto zero.
Fra quelli che si susseguono velocemente nella mia testa, il ricordo più accogliente è senz’altro quello di una giornata iniziata cantando animatamente Acida dei Prozac+ e terminata con uno spaghetto aglio, olio e peperoncino.
A dir la verità, Aurelià, la pasta era scotta e appiccicaticcia, ma non faceva certo così schifo da buttarsi giù da un campanile.
Chissà poi perché nei ricordi si aggiustano anche i sapori, o la cottura di una pasta, o gli obiettivi infranti al suolo, come se gli angoli più spigolosi di un’esperienza, una volta trasformatasi in ricordo, venissero smussati. E sì che noi di esperienze colme di spigoli ne abbiamo avute: anzi, sarebbe più corretto dire che, in un mare di incastri mancati, se ogni tanto tiravamo su qualche elemento lineare non sapevamo che farne e lo ributtavamo in acqua.
I sacrifici da compiere non sono stati pochi lungo il nostro cammino verso l’ascesa a Re di Roma.
I tuoi sono stati sicuramente più dolorosi, tanto è il peso della morte che ti sei portato addosso fino alla fine: prima tuo padre, poi Lidia, poi un amico dopo l’altro. Forse è giusto, dunque, che sia io a sorreggere con le mie sole forze il peso della tua, anche se, a differenza di te, non ho spalle abbastanza robuste.
Non sai, infatti, quanto avrei voluto lasciar sprofondare quel dolore irrespirabile insieme al tuo corpo esanime, in fondo a quel mare che tanto amavi. Ma sono felice di non averlo fatto, perché ho scoperto che, dopo un po’, il peso della morte altrui viene sostituito dalla consapevolezza di un’immagine sempre accesa, che si spegnerà solo in concomitanza del buio della propria coscienza. Chi viene ospitato in quel ricordo vive una seconda vita, finalmente priva di tormento.
Ma tranquillo Aurelià, conoscendo il tuo disprezzo per il dorato mondo di noi zingari, fatto di ostentazione, eccentricità e cupidigia, il tuo ricordo l’ho arredato in modo piuttosto rustico.
Non ci sono troni agghindati su cui sedere – non più – né battaglie da vincere, o ferite da rimarginare. Mancano pallottole a gravare sopra un pavimento anonimo, così come sfuggono alla vista anelli di sangue e schizzi d’oro. Non ci sono neanche corone da posare sopra il nostro destino: l’incendio si è portato via anche quelle.
Vabbè Aurelià, in effetti faccio prima a dirti quello che c’è in ‘sto ricordo.
Un tavolo da biliardo in mezzo a una stanza nella penombra, la palla numero 8 al centro di quel manto verde, dove bombe di cenere incandescente ne hanno consumato il colore. Sopra il biliardo, vecchie lampade accese, da bar di periferia, che, più che diffonderla, sembrano rubarla quella poca luce che filtra da non si sa dove. Una parete grigia si appoggia con indifferenza alle due stecche di legno; sopra di queste un segnapunti aspetta solo di prendere vita.